Sei la mia verità by Miriam Tocci

Sei la mia verità by Miriam Tocci

autore:Miriam Tocci [Tocci, Miriam]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 1542045355
editore: Amazon Publishing
pubblicato: 2017-06-19T22:00:00+00:00


Capitolo 12

Vino bianco. Uno chardonnay, aveva detto Jerry.

Buono. Fresco. Con le bollicine.

Mia si era accoccolata su una piccola poltrona tonda in vimini rivestita da un enorme cuscino morbido decorato con il patchwork, mentre Jerry si muoveva in quel piccolissimo spazio della dépendance apparecchiando la penisola che usava come tavolo da pranzo e disponendo omelette jambon et fromage in una teglia da forno. Prosciutto cotto, appena tagliato. Il formaggio una crema di fontina e gorgonzola, stemperato con lo stesso vino che lei stava

sorseggiando in quel momento.

«Davvero non posso aiutarti? La mia salsa di pomodoro è buonissima»

gli disse Mia.

«Stai lì e rilassati. Anche la mia è buona, è una ricetta di famiglia. La faccio con delle erbe aromatiche che ho raccolto personalmente e fatto essiccare: ho imparato da bambino.»

Mia rise di gusto, scuotendo il capo.

«Che c’è, non mi credi?» Jerry glielo chiese fermandosi con il mestolo

di legno in mano.

«No, no, scusa! È che se penso a qualche settimana fa e al modo in cui grugnivi ogni volta che ti passavo vicino… Mi pare impossibile trovarmi qui, sulla tua poltroncina, mentre mi parli di erbe essiccate con cui condisci il sugo per gli spaghetti.»

Jerry spostò di nuovo l’attenzione sulla salsa in ebollizione con un

sorrisetto. «Di solito non do confidenza.»

«Sì, ma quando ti scongeli diventi uno chef e una crocerossina

fantastici!» seguitò a ridere Mia.

Forse doveva smettere di bere, pensò. Quello chardonnay la rendeva un

po’ troppo allegra.

«Mi scongelo? Non sono mica una busta di patate da friggere.»

«Lo dicono sempre anche a me. Buona questa delle patate fritte, la userò anch’io la prossima volta.» Sì, era brilla, riconobbe Mia, alzandosi per posare il flûte vicino al piatto. Meglio limitare i danni.

«Accomodati al tuo posto. Siamo pronti» disse Jerome. «Il vino è stato di

tuo gradimento, vedo.»

«Anche troppo, mi sta dando alla testa.» Anche perché era digiuna dalla

mattina.

Jerry non rispose, ma sogghignò in quel modo tutto particolare che solo

qualche giorno prima nascondeva sotto barba e baffi. Un sorriso sghembo e il

trionfo della fossetta che Mia gli avrebbe staccato a morsi, se non fosse stata

una follia solo pensarlo.

«Voilà» disse Jerry, mettendole davanti un profumatissimo piatto di

spaghetti al pomodoro ed erbe aromatiche.

«Mmmh… Dall’odore sembrano splendidi.»

«Assaggia. Sono anche meglio.»

Mia lo fissò per un attimo, divertita. «Sei una persona molto sicura di te,

Jerry.»

«Quasi sempre.»

«Beato te» aggiunse Mia, assaggiando una forchettata di spaghetti.

«Buonissimi! E ti tratti bene a tavola.»

«Se devo mangiare, mi piace farlo come si deve.»

«Non lo pensavo.»

«Cosa? Che mi piacesse nutrirmi in maniera decente?»

«Per “decente” intendi vino di prima qualità, calici adatti a farlo

decantare e capacità culinarie soddisfacenti in uno spazio minuscolo e con quattro pentole in tutto?»

«Perché no, Mia?»

«Hai ragione. Bisogna apprezzare i piaceri della vita. Ti ammiro, sai

tenerlo a mente e metterlo in pratica.»

«Anche questo, quasi sempre.»

«Io quasi mai. È il motivo per cui le persone che mi vogliono bene mi chiedono di scongelarmi.» Mia bevve un altro sorso di vino e Jerry ne versò ancora per entrambi.

«In effetti, visto che mi hai dato dell’orso riferendoti alla mia

riservatezza dei primi giorni» sorrise Jerry, «potrei affermare che anche tu non scherzavi quando sei arrivata qui con quell’aria da imperatrice indispettita.

E io non scherzavo quando ti ho definita “algida”. Vedi? È anche una marca di

gelati. Tutto torna.»

La battuta strappò a Mia una risata. «Sì, solo che se il gelato si scioglie

sono guai, e non è divertente averlo fra le mani.»

Jerry deglutì il boccone e rimase a guardarla. «Interessante metafora,

dato che il gelato in questione sei tu.»

Ancora quel tono basso e gli occhi verdissimi puntati su di lei come

laser. «Già» annuì Mia, ripensando alle proprie parole. Cos’era quello nel suo

bicchiere, vino bianco o siero della verità?

«E chi sono le persone che tengono a Mia Galanti, architetto di successo

della scuderia Chevallier?»

«Be’, la mia famiglia, mio padre e mia nonna, ma loro non mi trattano mai come un surgelato. Piuttosto la mia amica del cuore, Tania, con cui ho diviso gioie e dolori dall’adolescenza a oggi. Di recente mi ha dato dell’asociale impegnata, ma le voglio ancora bene. E poi c’è… Filippo

Notaro.»

Jerry, che si era alzato per togliere dal forno le omelette mentre lei parlava, girò la testa di scatto, posando la teglia sul fornello. «Chi? Filippo?»

Mia si rese conto di averlo elencato fra le persone che tenevano a lei.

«Ehm, intendevo dire che Filippo mi conosce abbastanza bene perché è stato il

mio tutor alla Cheva, e anche lui non si sottrae a fare considerazioni insolenti

sulla mia “freddezza”…»

Jerry continuò a guardarla con sospetto, ma si ammorbidì e prese a

servire le omelette fumanti.

«Metto io questi nel lavandino» disse Mia, impilando i piatti che avevano

usato per la pasta.

Lui glieli prese dalle mani e le fece cenno di rimettersi seduta.

«Spiegami, Mia: perché la tua amica del cuore e la persona con cui sei stata più

a contatto al lavoro ti direbbero che devi scioglierti?»

«Scongelarmi, per l’esattezza. Perché, così come tu sei… riservato, io

sono rigorosa. Ecco, credo sia per questo. E loro, per motivi diversi, pensano

che tanto rigore sia controproducente per me.»

«Tu, invece, cosa ne pensi?»

«Penso che sia necessario.» Mia assaggiò le omelette. Divine. Poi alzò

gli occhi verso Jerry e aggiunse: «Quasi sempre».

Lui sorrise lentamente e la indicò con la forchetta. «Esatto.»

«Parlami di te, Jerry. Lo sto facendo solo io. Completa il tuo disgelo, coraggio.»

«Cosa vuoi sapere?»

«Quello che sei disposto a dire.»

«Ottima risposta» approvò Jerry. Si rilassò sulla sedia e iniziò a parlare,

senza però guardarla negli occhi. «Sono laureato in architettura, mi sono

specializzato all’estero e, come ti ho già detto, conosco il tuo ex tutor Filippo Notaro da tempo.»

«Studiavate insieme?»

«Sì.»

«Okay, queste cose però le avevi già farfugliate in precedenza.»

«Farfugliate?»

«Tra un grugnito e l’altro sotto la folta barba.»

«Mi fai apparire come un uomo delle caverne.»

«Be’, chi è causa del suo mal…» Mia lasciò la frase in sospeso di

proposito e si gustò l’espressione accigliata, anche se divertita, di Jerry.

«Sentiamo, cosa vorresti sapere? Sempre che io sia disposto a dirlo.»

«Famiglia? Donne?»

Jerry sorrise, scuotendo la testa. Subito dopo il suo sguardo si perse nel

vuoto, e la voce tradì un’amarezza che Mia non si aspettava. «Sono in pausa.»

«Come, in pausa?»

«Non sono cresciuto in una famiglia unita. E io, per carattere, sono

sempre stato un lupo solitario. Solo che la mia è una parvenza di libertà. Nella

realtà mi è toccato un percorso tracciato, battute scritte nel copione, cose così.

In questo momento ho deciso di rifiatare un po’ e me ne sto qui a fare l’eremita con i miei bicchieri da vino, il mio falco e questo sacco di peli.» Nel dirlo diede una carezza amorevole a Giotto, sdraiato ai suoi piedi, che alzò la grossa testa e scodinzolò piano. Eminem sonnecchiava sul trespolo, immobile.

«Quanto alle donne, fanno parte della pausa anche loro» concluse Jerry.

Mia tagliò con la forchetta un triangolino di omelette. «Anche la mia

famiglia non è unita. I miei sono divorziati, mia madre mi ha lasciata sola a quindici anni. Ma forse quello è stato un bene.»

«Abbiamo delle cose in comune Mia, sebbene in modo diverso.»

«Pare di sì, a parte il fatto che io non posso permettermi di fare l’eremita

quassù, se non per lavorare. Però l’effetto di questo esilio è lo stesso sia per me che per te, Jerry, ora che ci penso.»

«Perché dici così?»

«Perché il mio lavoro è la mia stella polare. È ciò che mi porta fuori dalle situazioni di stallo, quelle per cui ho bisogno di forze e tempo supplementari. O che non so gestire. E tu ti trovi qui per lo stesso motivo, non è così? Sei in pausa. Vuoi mettere la testa fuori da tutto per prendere una boccata d’ossigeno.»

«Già.» Jerome si servì un’altra porzione. La sua fronte era aggrottata.

«Insomma, sei una che si tuffa a capofitto nelle cose che fa, mi pare di capire.»

Le spalle di Mia andarono su e giù. «Sarà per questo che vengo giudicata

come un iceberg. La gente



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